Per valutare in che misura l’anarchismo classico sia applicabile alle società moderne è necessario innanzitutto riassumere brevemente i suoi principi costitutivi.
Le società complesse richiedono l’anarchismo.
È una falsità supporre che l’anarchismo ignori la complessità della vita sociale. Al contrario, gli anarchici classici hanno sempre rifiutato il tipo di “semplicità” che camuffa l’irreggimentazione, a favore della complessità naturale che riflette la ricchezza e la diversità della vita sociale e individuale. Il matematico cibernetico John B. McEwan, scrivendo sulla rilevanza dell’anarchismo per la cibernetica, spiega:
“I socialisti libertari, sinonimo di anarchici non individualisti, in particolare Kropotkin e Landauer, hanno mostrato una precoce comprensione della complessa rete di relazioni mutevoli, che coinvolge molte strutture di attività correlate e di aiuto reciproco, indipendenti dalla coercizione autoritaria. È su questo sfondo che svilupparono le loro teorie di organizzazione sociale…”
Uno dei contributi più significativi di Proudhon alla teoria anarchica e al socialismo in generale è l’idea che la complessità stessa della vita sociale richieda il decentramento e l’autonomia delle comunità. Proudhon sosteneva che “attraverso la complessità degli interessi e il progresso delle idee, la società è costretta ad abiurare lo Stato… sotto l’apparato di governo, all’ombra delle sue istituzioni politiche, la società produceva lentamente e silenziosamente la sua organizzazione, creando da sé un nuovo ordine che esprimeva la sua vitalità e la sua autonomia…”.
Come i suoi predecessori, Proudhon e Bakunin, Kropotkin elaborò l’idea che la complessità stessa della vita sociale richiedesse il decentramento e l’autogestione dell’industria da parte dei lavoratori. Dai suoi studi sulla vita economica in Inghilterra e in Scozia concluse:
“La produzione e lo scambio rappresentano un’impresa così complicata che nessun governo (senza istituire una dittatura burocratica ingombrante e inefficiente) sarebbe in grado di organizzare la produzione se non fossero gli stessi lavoratori, attraverso i loro sindacati, a farlo in ogni ramo dell’industria; perché in tutta la produzione sorgono ogni giorno migliaia di difficoltà che … nessun governo può sperare di prevedere … Solo gli sforzi di migliaia di intelligenze che lavorano sui problemi possono cooperare allo sviluppo di un nuovo sistema sociale e trovare soluzioni per le mille esigenze locali.”
Decentralizzazione e autonomia non significano la disgregazione della società in piccoli gruppi isolati ed economicamente autosufficienti, cosa che non è né possibile né auspicabile. L’anarchico spagnolo Diego Abad de Santillan, ministro dell’Economia della Catalogna all’inizio della guerra civile spagnola (dicembre 1936), ricordava ad alcuni dei suoi compagni:
“Dobbiamo renderci conto una volta per tutte che non siamo più… in un piccolo mondo utopico…[Non] possiamo realizzare la nostra rivoluzione economica in senso locale; perché l’economia localistica non può che provocare privazioni collettive… [L’]economia è oggi un vasto organismo e ogni isolamento deve rivelarsi dannoso… Bisogna lavorare con criterio sociale, tenendo conto degli interessi di tutto il Paese e, se possibile, il mondo intero…”
È necessario raggiungere un equilibrio tra la tirannia soffocante di un’autorità sfrenata e il tipo di “autonomia” che porta a un meschino patriottismo locale, alla separazione di piccoli gruppi e alla frammentazione della società. L’organizzazione libertaria deve riflettere la complessità delle relazioni sociali e promuovere la solidarietà sulla più ampia scala possibile. Può essere definita come federalismo: coordinamento attraverso il libero accordo – a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. [Consiste in una vasta rete coordinata di alleanze volontarie che abbracciano la totalità della vita sociale, in cui tutti i gruppi e le associazioni traggono i benefici dell’unità, pur esercitando l’autonomia all’interno della propria sfera ed espandendo la gamma della loro libertà. I principi organizzativi anarchici non sono entità separate. L’autonomia è impossibile senza decentramento e il decentramento è impossibile senza federalismo.
La crescente complessità della società rende l’anarchismo più e non meno rilevante per la vita moderna. È proprio questa complessità e diversità, e soprattutto la loro preoccupazione prioritaria per la libertà e i valori umani, che ha portato i pensatori anarchici a basare le loro idee sui principi della diffusione del potere, dell’autogestione e del federalismo. Il più grande attributo della società libera è che essa si autoregola e “porta in sé i semi della propria regolamentazione” (Martin Buber). Le associazioni che si autogovernano saranno abbastanza flessibili da regolare le loro differenze, correggere e imparare dai loro errori, sperimentare nuove forme creative di vita sociale e raggiungere così un’autentica armonia su un piano umanistico più elevato. Gli errori e i conflitti confinati nella giurisdizione limitata dei gruppi a scopo speciale possono causare danni limitati. Ma gli errori di calcolo e le decisioni criminali prese dallo Stato e da altre organizzazioni centralizzate autocratiche che riguardano intere nazioni, e persino il mondo intero, possono avere le conseguenze più disastrose.
La società senza ordine (come implica la parola “società”) è inconcepibile. Ma l’organizzazione dell’ordine non è monopolio esclusivo dello Stato. Infatti, se l’autorità statale è l’unica garanzia dell’ordine, chi sorveglierà i guardiani? Anche il federalismo è una forma di ordine che ha preceduto l’istituzione dello Stato. Ma è l’ordine che garantisce la libertà e l’indipendenza degli individui e delle associazioni che liberamente e spontaneamente contrattavano.
associazioni che liberamente e spontaneamente costituiscono le federazioni. Il federalismo non è come lo Stato, nato dalla volontà di potenza, ma è il riconoscimento dell’ineluttabile interdipendenza dell’umanità. Il federalismo nasce dalla volontà di armonia e solidarietà.
Sam Dolgoff
Tratto da “The relevance of anarchism to modern society”, traduzione di Lona Lenti